Erano mesi che dovevo scrivere di Mauro, ma nel frattempo mi sono trasferita in Sardegna e sono successe tantissime cose. Io e Mauro ci siamo conosciuti dal vivo dopo esserci scritti sempre via mail in occasione dell’inaugurazione del mio studio di Cagliari e oggi finalmente sono andata a trovarlo nel suo spazio in via San Giovanni 178 nel cuore del quartiere di Villanova.
Il laboratorio/boutique di Mauro non te lo aspetti dove si trova, vedi luccicare questi festoni argentati che circondano l’ingresso circondati dalle case del centro storico di Cagliari, tutto intorno la vita vera delle persone e dentro come in uno scrigno c’è un mondo di cura e di espressione artistica perfettamente riconoscibile.
Il suo stile è fresco, giovane, urbano, comodo, senza fronzoli ma estremamente curato nel dettaglio.
Mauro ha vissuto tanti anni a Milano come me e ad un certo punto ha deciso di tornare.
Sono andata a chiedergli di persona perchè, questo blog serve anche a indagare le motivazioni del senso di appartenenza. Parlando con lui ho capito che molti pensano che bisogna avere “coraggio” per fare una scelta come la sua ma in realtà non è il coraggio che muove lo sguardo di Mauro.
E’ piuttosto l’amore, nessuno parla mai di questa fonte estrema di forza quando osserva queste scelte controcorrente. Anche a me è capitato di sentirmi dire di avere avuto coraggio a tornare in Sardegna, ed io mi chiedo: coraggio di cosa? Di vivere in un posto stupendo, circondata dalla natura, da una comunità attiva e generosa e dal buon cibo?
Il coraggio serve per restare immobili in un luogo che ti spegne l’anima.
Nessuno parla dell’amore che devi avere non solo per la Sardegna ma per le persone che la abitano, per la comunità. Forse perchè il senso di comunità lo stiamo perdendo, invece quello che smuove Mauro, me, Francesca e Riccardo e tanti altri è proprio l’aver capito che il valore della vita, di una buona vita risiede nelle persone.
Aprirsi agli altri, alla città, al paese, mettersi al servizio. Mauro non lo dice, lo ha fatto, ha compiuto un innesto d’arte e di competenza dove la maggior parte delle persone scelgono di non restare.
Vi invito quindi ad andare a visitare il suo spazio! Potete seguirlo su Instagram a questo link @studiovertice
Qui sotto ha risposto ad alcune mie domande, buona lettura!
Come ti chiami e di cosa ti occupi?
Ciao! Sono Mauro Ballette e da più di due anni porto avanti il mio brand, StudioVertice, che trova spazio nel cuore di Cagliari ma che cerca comunque di non avere confini in fatto di ricerca e input provenienti dall’esterno. StudioVertice è un brand di abbigliamento, maschile e femminile, che propone una collezione non necessariamente al passo con le stagioni ma piuttosto al passo con la mia ispirazione personale: linee semplici, abiti confortevoli. Mi occupo di tutto il processo creativo e produttivo riguardante le collezioni realizzate e affianco al lavoro di designer quello di modellista per altri brand e quello di insegnante presso lo IED di Cagliari.
Quando e dove è nata la tua passione per la moda?
La passione per la moda è nata tardi, forse nel momento in cui mi sono trovato a dover scegliere quale percorso di studi fosse quello migliore per le mie aspettative professionali e capacità possedute. Studiare nel campo della moda permetteva di concentrare la mia manualità con la precisione e la razionalità di un progetto di design. Dopo la laurea al Politecnico di Milano mi sono specializzato in modellistica industriale presso l’Istituto Carlo Secoli di Milano, da quel punto in poi si sono susseguite tante esperienze professionali che sono state indispensabili per acquisire l’esperienza utile poi per costruire il progetto di Studio Vertice. Progettare una collezione e insieme doverla realizzare vuol dire forse trovare un compromesso tra la tua creatività illimitata e il tuo saper fare.
Che cosa significa per te creare abiti nell’epoca del fast fashion?
Creare abiti con un processo artigianale in un’epoca dove il fast fashion è considerato forse ormai l’unico metodo di produzione di abbigliamento diventa quasi una missione il cui obiettivo è quello di cercare il più possibile di non far dimenticare l’origine oltre che il comfort degli abiti realizzati con cura. Le piccole quantità prodotte implicano un’attenzione al dettaglio e alle rifiniture molto elevata e questo serve a far capire, anche all’occhio più inesperto, la bellezza della produzione artigianale ma soprattutto, come dice il sottotitolo di Studio Vertice, serve a raccontare una storia: fatta a mano e ambientata in Sardegna.
Perchè hai scelto Cagliari come luogo in cui vivere e lavorare?
Cagliari è una città con un porto, un aeroporto e questo implica un flusso di persone costanti che vanno, vengono, si trattengono, ripartono, portando e lasciando sempre delle esperienze, delle scelte e delle influenze che rendono vivo qualsiasi progetto. La necessità di realizzare un progetto come Studio Vertice in un posto ricco di input si è sentito fin dall’inizio, è forse l’aspetto necessario per far si che lo stesso progetto venga recepito nel modo corretto.
E ti chiedo invece perchè proprio il quartiere di Villanova?
La scelta del quartiere deriva dall’identità stessa del quartiere, un quartiere che ha sempre accolto gli artigiani, diverso da tutti gli altri. Che ha uno stile di vita nettamente diverso, anche le case non hanno una barriera nei confronti dell’esterno, le porte molte volte sono aperte. La strada è una prosecuzione della vita domestica. C’è una fortissima integrazione di altre culture, l’aspetto estetico è molto bello perchè è ricco di verde, gli stessi abitanti qui curano il verde.
Mi piaceva l’idea di avere un posto diverso dagli altri in una zona che non ti aspetti, affianco a me c’è un ceramista, poco più avanti un intagliatore del legno. E’ fuori dal comune.
Lo spazio che ho trovato è uno spazio storico con le volte di mattoni a vista, è uno spazio che ho visto per la prima volta ed è stato un colpo di fulmine.
Quali aspetti della Sardegna ti hanno richiamato al ritorno sull’Isola?
Il ritorno sull’Isola è stato tanto difficile quanto necessario. E’ difficile spiegare le sensazioni ma credo che il tutto sia riassumibile con una mancanza di casa che con il passare degli anni vissuti a Milano si è fatta sempre più sentire. Forse la dimensione e lo stile di vita nettamente diverso ti portano ad affrontare il nuovo con una filosofia più “leggera” e spensierata, caratteristiche utili se non fondamentali per far si che la creatività non abbia mai fine.
Sei felice della tua scelta?
Seppur con tanta fatica sulle spalle posso affermare di essere felice della mia scelta professionale, perché porto avanti un progetto che nasce tutto dalla mia testa, perché lo faccio senza alcuna limitazione (correndone i rischi) ma soprattutto perché lo faccio nel posto che sento di definire Casa.